Le previsioni meteo erano buone ma quando arriviamo ad Entrèves il Bianco è tutto coperto; prendiamo comunque la funivia con la speranza che salendo le nuvole si diradino e, infatti, al Rifugio Torino si stanno alzando e davanti a noi si apre il cielo azzurro e il sole ci abbaglia sul bianco del ghiacciaio.
Ci avviamo in leggera discesa in direzione del Dente del Gigante passando sulla sinistra dell’Aiguilles Marbrées e cominciamo a risalire il Ghiacciaio, alle nostre spalle svettano il Tacul, il Maudit e il Bianco.
Calziamo i ramponi e prendiamo la piccozza, superiamo la crepaccia terminale, la pendenza aumenta fino ai 50° di un canale nevoso ben scalinato che superiamo con fatica; continuiamo a salire la bastionata seguendo le tracce e alcuni ometti; tratti ripidi si alternano ad alcuni passaggi facili su roccia e ad altri più camminabili su un terreno che salendo si fa più stabile.
Arrivati alla gengiva, ci concediamo una breve pausa per ammirare l’imponente roccione del Dente, impressionante da questa prospettiva, cercando di individuare gli alpinisti che lo stanno scalando, altri lo aggirano alla base per portarsi sulla normale.
Riprendiamo a salire il pendio e poi ci portiamo all’inizio della cresta di Rochefort scendendo leggermente di quota: davanti a noi si delinea la cresta bellissima, lunga, un alternarsi di spuntoni e colletti, una classica cresta di misto e in primo piano la “meringa”, una gigantesca cornice che si sporge sul Ghiacciaio des Pèriades mentre, sul versante italiano, un mare di nuvole.
Superato un rilevamento nevoso ricalcando passo passo la traccia, saliamo sulla prima punta da cui scendiamo lungo un ripido tratto di neve compatta ben scalinata. Aggiriamo un roccione sul versante italiano, risaliamo un ripido canalino e torniamo in cresta: davanti a noi l’Aiguille de Rochefort.
Togliamo i ramponi per poter scalare più agevolmente la parete, un’arrampicata che sebbene facile richiede comunque sempre attenzione, oltre ad un discreto sforzo fisico maggiorato anche dalla quota.
Raggiungiamo la punta dell’Aiguille de Rochefort, bene, abbiamo toccato il primo traguardo, alle nostre spalle la prima parte di cresta percorsa, una linea discontinua in cui tratti rocciosi vengono ripresi dai tratti nevosi punteggiati dalla traccia e dalle piccole figurine delle altre cordate; sullo sfondo, il Dente in primo piano sovrasta maestoso il Tacul, il Maudit e il Bianco molto più lontani.
Vista l’ora e le condizioni decidiamo di proseguire, scendiamo sul versante opposto e rimettiamo i piedi sulla neve e sul ghiacciaio; saliamo un risalto roccioso e scendiamo dall’altra parte riportandoci sulla cresta nevosa e affilata fino ad una sella da cui comincia la cresta del Dôme.
Teniamo i ramponi che ci danno maggior sicurezza e affrontiamo la scalata di misto spostandoci ora verso destra, ora verso sinistra, ora salendo lungo un canale su neve, roccia e sassi instabili.
Tornati sulla cresta fatta di grandi massi, in breve raggiungiamo la vetta del Dôme de Rochefort. Uno spettacolo grandioso, incredibile, da mozzafiato si apre davanti a noi: la nebbia si forma e si dirada continuamente lasciando intravedere a singhiozzo il mondo che ci circonda, uno spazio infinito, immenso, un oceano di roccia e neve sotto il cielo blu. In fondo al ghiacciaio verso est il puntino verde brillante del bivacco Canzio punto di appoggio per la traversata delle Grandes Jorasses che si vedono in lontananza. Compiendo il giro ad anello si potrebbe scendere al Rifugio Boccalatte ma noi dobbiamo tornare indietro ripercorrendo la cresta fatta, quindi, ci avviamo senza troppo indugiare.
Se all’andata la cresta si presentava continuamente con nuove visuali e prospettive, altrettanto varia si presenta rifacendola in senso contrario in direzione del Dente e del Bianco. Siamo nel primo pomeriggio, la luce è cambiata; la neve riscaldata dal sole rende più faticosi i tratti in salita, più delicati i tratti in discesa e più rischiosi i tratti in cresta e i passaggi sulle cornici; la nebbia che sale dal versante italiano a tratti si infittisce e ci nasconde la visuale. La stanchezza comincia a farsi sentire ma dobbiamo mantenere la concentrazione senza lasciarci prendere dalla fretta tenendo sempre presente la sicurezza di entrambi e cercando di non commettere errori.
Ritorniamo alla gengiva e scendiamo la bastionata del Dente, superiamo la terminale e siamo di nuovo sul ghiacciaio, ancora un po’ di discesa e poi gli ultimi 50/60 metri di dislivello in salita, i più faticosi della giornata, ci riportano al Torino.
Una splendida giornata, una gita favolosa e impegnativa, una cresta di misto che richiede sempre la massima concentrazione, un continuo saliscendi, un continuo alternarsi di tratti nevosi a tratti rocciosi con pendenze anche significative, tratti aerei ed esposti sul filo di cresta si alternano a canalini e passaggi su strette cenge. Una traversata straordinaria in quota immersa in un ambiente mozzafiato che mi ha regalato grandi emozioni e soddisfazione immersa in un ambiente favoloso.